Mortale di mattina
Un incidente mortale di mattina, “che amarezza” ho pensato. Quando una persona muore c’è sempre tristezza, ma quelli che si spengono al mattino, credo siano ancora più sfortunati, perché si sono spenti “all’inizio”, in questo caso della giornata nuova.
Oggi è morto un ragazzo, 20 anni, si chiamava Mirco e a gennaio aveva trovato lavoro come operaio in zona. Uno scooter bianco e rosso con il bauletto blu sfasciato, un casco grigio chiaro sul muretto, la scarpa anti-infortunistica a terra, volata via dal piede del ragazzo e la disperazione nell’aria.
Mi sono avvicinata e ho cercato di scrutare i primi dettagli, in attesa della persona preposta per parlare con me. Non assalgo nessuno, non voglio essere quel tipo di persona, aspetto, perché si è più predisposti al dialogo se non ci si sente sotto pressione. Sul luogo dell’incidente c’erano anche i genitori, a dire il vero sono stati sempre lì, sin dai primi istanti, dal momento dell’incidente intendo.
“Pazzesco” ho pensato dentro di me quando ho appreso che i genitori erano lì, davanti al figlio di appena 20 anni che esalava l’ultimo respiro.
Ho pensato alla forza di queste persone, alla loro vita da oggi in poi e, dopo aver trascorso un’ora sul posto tra nervosismi e confronti, sono salita sulla mia auto, ho inforcato la via di casa e ho pianto. Perché fare questo lavoro o tentare di diventare qualcuno in questo lavoro è bello, ma quando hai una sensibilità accentuata come la mia poi alla fine del lavoro capita di dover esternare in questo modo la tensione, il racconto di una storia che non era la mia, ma che ora fa parte del mio archivio, del mio lavoro e quindi, in un certo senso, anche a me.