dolore

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Ridere del dolore altrui è da vile

Ridere del dolore altrui è da vile. Poi capita che un lutto volontariamente creato sconvolga un paese, erano tutti grandi amici ma nessuno conosceva il suo dolore.

Ho scelto di fare questo lavoro, ma con un ragionamento diverso da quello che avete sempre visto in questo mondo. Non cerco lo “scoop per forza”, montato, costruito, spinto. Non trovo alcuno scoop nella tragedia.  Non trovo nulla di interessante quando ormai tutto è avvenuto. Quando l’estremo gesto è stato compiuto. Nel momento in cui la persona in questione si è lasciata andare, arrivando tragicamente alla fine.

Passiamo tutta la nostra vita a convincere noi stessi, più che gli altri, che tutto va bene, che non ci dobbiamo lamentare e che sicuramente è solo “un brutto periodo”. Non sono in grado di fornire dati sull’innalzamento o l’abbassamento dei numeri di persone che soffrono di depressione, ansia e panico. Posso solo assicurare di esserci stata in quel posto e di aver conosciuto tante persone “come me”. Non posso, però, affermare con certezza di esserne uscita.

Forse i troppi stimoli e la competizione, oppure potrebbe essere che siamo sempre tutti alla ricerca della perfezione. Il partner perfetto, la casa più bella, il cellulare di nuova generazione, tutto è in funzione di una vita che poi, ci accorgiamo, non essere la nostra e che corre, lasciandoci sempre più ricordi e qualche rimpianto. Lasciandoci a mani vuote, perché corriamo alla ricerca di una felicità materiale, che non esiste.

Sono diverse le persone che si tolgono la vita o che ci provano ogni giorno, ma è sempre più difficile saperlo perché è una vergogna da nascondere altrimenti “sai la gente cosa può pensare?”. Forse è qui il nodo della matassa, l’inghippo che sta facendo più vittime della guerra: il peso che diamo al parere degli altri.

Se solo esistesse un modo per portare fuori di casa, fuori dai propri pensieri queste persone, quelle come me, quelle come chi leggendo questo testo si riconosce, forse sarebbe diverso. Forse il male sarebbe più sopportabile. Ma spesso accade che chi ha un male dentro così grande, si allontana, cerca di sparire, non è interessato a “fare gruppo”. Spesso questa chiusura è dovuta al solito commento avvilente: “La depressione non esiste, avere un cancro è peggio, ritieniti fortunato”. Non ho mai messo in dubbio una cosa del genere, sono convinta che avere un cancro o una malattia incurabile sia un dramma immenso ma non bisogna sottolineare un malessere “invisibile”, che non trova sempre la cura esatta. La depressione cambia anche nello stesso soggetto, non è mai la stessa. Quella bugiarda talvolta prende il cuore, altre la mente. Ti rende diverso, cupo, estraneo.

“Grazie a tutti quelli che se ne sono andati in un momento così duro, 

a tutte quelle persone che mi hanno giudicata senza conoscere la mia storia.

Grazie a chi ha sottovalutato le mie paure,

a tutti quelli che che hanno riso delle mie preoccupazioni.

Grazie a chi non c’è stato,

a chi ha scelto la via più semplice. 

Semplicemente grazie a chi, della depressione, non ha capito il dolore”. 

Nina

 

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