saranno famosi

Saranno famosi? Nel frattempo solo un po’ folli

Un programmino senza pretese degli anni duemila, mi ricordo la De Filippi che, con la sua “r” moscia chiedeva: «Saranno famosi?» e noi adolescenti burlone rispondevamo alle nostre televisioni: «No, saranno fottuti». Ma quei ragazzi con quei talenti un po’ “gonfiati” dalle belle parole, ci credevano e, forse, in questa società digitalizzata, anche noi “ci crediamo un po’ troppo”.

A cosa? A qualsiasi bugia ci venga servita su un piatto d’argento. False notizie e mezze verità vengono divulgate costantemente su social e anche al bar. Perché chi vuole creare scompiglio lo fa né più né meno.  C’è, però, qualcosa di ancora più spaventoso: i nuovi politicanti che non si candidano, non si espongono ma pretendono di essere le guide di un paese che non li ha votati e che, quasi sempre, non li considera.

La politica rovina le persone, la brama di essere famosi un po’ di più. Capita che in un paese di “qualche” mila (e rotti) abitanti si crei del malcontento tra un piccolo gruppo di persone. Tante le discussioni intorno a ciò che andrebbe cambiato. Pochi i fatti concreti. Si inizia parlando di fatti tangibili: riqualificazioni necessarie, attenzioni mancate negli anni verso determinati settori e umanità. Per il primo periodo il dialogo rimane fluido e di facile fruizione per tutti. Poi qualcosa si incrina. Poi arriva il periodo delle elezioni e la gente inizia a fremere. C’è chi decide di appoggiare colui che promette caramelle alle scuole o colei che lotta per l’ambiente. Ci sono persone che si interessano al paese, alla possibilità di valorizzarlo e chi, invece, trova in un foglietto di carta appena caduto dalla borsa di una donna sbadata il motivo per postare su Facebook l’imperdonabile abbandono di rifiuti tossici (l’inchiostro con il quale la donna sbadata ha annotato l’appuntamento dal dentista) e la non-curanza dell’assessore di turno che non frusta gli operai davanti a sì fatto scempio. Le parti non sono equilibrate, chiaramente. Fanno il loro gioco ma forzano la mano, talvolta. In questo modo, tradendosi con discorsi sconnessi e pesantemente sgrammaticati, certi sostenitori della verità (la loro), nei giorni pari danno ragione a una causa e nei giorni dispari a un’altra. Spesso pesantemente in contrasto tra di loro si sostengono pubblicamente per “figurare” uniti.

Poi arriva il famoso pettine, al quale arrivano i nodi. Chi esclama “ah no, ma ero male informato”, chi ha già indossato la giacca e ha una maniglia sulla porta e chi, invece, finge di essere appena arrivato. Questi piccoli centri di potere auto-proclamato iniziano a indebolirsi e cercare una seggiolina più stabile sulla quale sedersi per i prossimi mesi. Allora arriva il pentito (non di mafia ma quasi) di turno che, visto che non gli è stato dato il permesso di allevare dei cuccioli di panda per poterli poi schiavizzare e sfruttare nelle esibizioni, decide che il paese fa pena e chi lo amministra è solo un buffone di corte. Un anno prima però erano a cena insieme, addirittura il brindisi, poi di corsa a casa, dalla propria famiglia a fingere di essere ordinari.

E in tutto questo caos, dentro di me penso: “Ah se potessi filmarvi e poi farvi rivedere i filmati alla prossima soffiata di vento, vi fareste pena da soli”. Ma poi penso che la vita è troppo breve per sprecarla dietro a certi soggetti e auguro loro tanta felicità, ne hanno bisogno sul serio.

 

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