Siamo tutti turisti esigenti, ineducati e prepotenti
Turisti, ineducazione e indignazione invadono spesso luoghi vocati al turismo di massa. Non so se conoscete il detto “Il bue dà del cornuto all’asino”, una frase pittoresca che sostituisce l’arrogantissima accusa “da che pulpito viene la predica”.
Ebbene sì, siamo tutti buoi che danno dei cornuti agli asini, siamo tutti ipercritici su atteggiamenti che talvolta, senza accorgercene, fanno parte anche della nostra persona. Non importa, siamo esseri umani.
Errare è umano, ma ricordiamoci che perseverare è dannatamente diabolico.
Questa estate è stata costellata di articoli di giornali sull’ineducazione del turista. Un’estate definita “cafona” con tanto di foto di signorine in costume per le vie del centro di un paese che almeno sei mesi l’anno vive di queste presenze. L’educazione è d’obbligo, certo, e mai mi sognerei di girare per le vie di un centro in costume, il perché non è contenuto nel grande codice d’onore della mia vita, che, per la cronaca, non posseggo. Penso sia più una questione di pudore e, soprattutto, di abitudini. Ritengo, però, che prima di schiaffare sul giornale il sedere di una persona si possa provare a chiedere se abbia per caso notato il cartello di divieto posto alla fine della passeggiata lungo il lago e prima dell’arrivo al centro storico.
Non sempre è una questione di menefreghismo.
Ricordo un dibattito acceso di quando ero piccola nella bella Positano, paese della Costiera Amalfitana. Già agli inizi degli anni Novanta era proibito circolare senza maglietta, anche in auto, pena una sanzione pecuniaria. Ricordo che gli adulti discutevano circa la mancanza di cartelli su questo obbligo e sull’essere incappati nell’allora vigile intento a fermare e sanzionare i trasgressori. Buon costume? Certo, ma la comunicazione dov’era? Una questione che oggi troverebbe spazio nel grande tribunale virtuale dei social network.
C’è chi accusa e chi giustifica, chi vorrebbe vederli sanzionati e chi invece no. Siamo diventati veramente dei giudici soppressori della vita e delle libertà degli altri? Come abbiamo fatto a diventarlo?
Molte volte ci troviamo a criticare il comportamento dell’altro, che sia esso un turista o una persona del luogo poco importa. Oggi l’erba del vicino è ancora la più verde, ma noi la vediamo marrone, marcia, insulsa.
Siamo i grandi protagonisti in questo spettacolo che ci corre davanti agli occhi mentre ci perdiamo nella critica dell’altro. Siamo incapaci di passeggiare e non trovare la criticità.
Gli altri sono sempre quelli sbagliati se non condividono le nostre idee che diventano dottrine nell’epoca dei social network. Gli altri sono i cafoni secondo la nostra visione, sono il male da estirpare perché noi siamo il bene.
Eppure non ci osserviamo nei panni del turista o di questi “altri” che disprezziamo come se ci avessero accoltellato la famiglia. Non notiamo che quando viaggiamo, talvolta, utilizziamo quell’arroganza tipica dell’ospite. Quella leggerezza e la stessa esigenza perché siamo ospiti di una terra diversa dalla nostra e crediamo che tutto ci sia dovuto.
L’ospite è sacro, non santo. Ci dimentichiamo che per quanto siamo poco accoglienti, pretendiamo di essere accolti come principi. Non ricordiamo di pretendere, quando giudichiamo chi lo fa “a casa nostra”. Ma la polemica si spreca su un gelato mangiato sui gradini della chiesa, il ragazzo che gira senza maglietta per il centro, il bambino che si lancia in una fontana. La critica si scaglia contro chi ha un modo di vivere diverse dal nostro. Contro chi, ingenuamente, vive le proprie vacanze senza troppi fronzoli.
Ho letto un commento folle su un social network di un tale che affermava: “bisognerebbe selezionarli prima che vengano a fare le vacanze qui da noi”. Ho pensato che fosse l’ultimo atto di un folle. Invece un mini seguito lo ha avuto. Certo, un paio di persone, ma questo mi terrorizza ancor di più…. ci sono altri folli come lui.
Non è che a fare tutta questa selezione, poi ci sentiamo soli e decidiamo di viaggiare alla ricerca della felicità?
Così facendo diventiamo noi stessi turisti. Diventiamo quel cliente al bar che il caffè lo voleva ristretto, decaffeinato, in tazza grande, macchiato caldo senza schiuma. Oppure il vegano crudista che pretende pietanze elaborate senza prodotti animali e derivati in una steak house.
Siamo tutti turisti esigenti, ineducati e prepotenti. Prima lo capiamo, prima iniziamo a vivere bene.